Conférences

Le temps musical, IRCAM
Cours du 23/02/1978

Vorrei fare une prima osservazione sul metodo utilizzato. Pierre Boulez ha scelto cinque opere : le relazioni tra queste opere non sono relazioni d’influenza, di dipendenza o di filiazione, e neanche di progressione o di evoluzione tra un’opera e l’altra. Ci sarebbero piuttosto delle relazioni virtuali tra queste opere, che risultano soltanto dal loro confronto. E quando queste opere vengono confronte in tal modo, in una specie di ciclo, emerge un profilo particolare del tempo musicale X. Quindi, non è assolutamente un metodo di astrazione, che potrebbe portare verso un concetto generale del tempo in musica. Boulez avrebbe potuto scegliere, ovviamente, un altro ciclo : ad esempio un’opera di Bartok, una di Stravinsky, una di Varese, una di Berio, … Sarebbe allora emerso un altro profilo particolare del tempo, oppure il profilo particolare di una variabile diversa dal tempo. Allora, si potrebbero sovrapporre tutti questi profili, fare vere e proprie cartografie di variazioni, le quali potrebbero seguire ogni volta delle singolarità musicali, invece di dedurre una generalità a partire da ciò che chiamiamo esempi.

Ora, nel caso preciso del ciclo scelto da Boulez, ciò che vediamo o sentiamo, è un tempo non pulsato che, risulta dal tempo pulsato. L’opera I mostra questo risultato, con un gioco molto preciso di spostamenti fisici. Le opere II, III e IV mostrano ogni volta un aspetto diverso di questo tempo non pulsato, senza pretendere di esaurire tutti gli aspetti possibili. Infine V (Carter), mostra come il tempo non pulsato possa trasmettere una pulsazione variabile di un nuovo tipo.

Ebbene, in questo caso si tratterebbe di sapere in che cosa consiste questo tempo non pulsato, questo tempo sospeso, approssimativamente ciò che Proust chiamava “un peu de temps à l’état pur”. Il primo caso, il caso più evidente di questo tempo, è che è una durata, cioè un tempo liberato dalla battuta regolare o irregolare. Un tempo non pulsato ci mette dunque in presenza di una molteplicità di durate, eterocrone, qualitative, non coincidenti, non comunicanti : non camminiamo a tempo, e nemmeno nuotiamo o voliamo a tempo. Il problema allora è come potranno articolarsi queste durate, giacché ci siamo privati in partenza della soluzione classica molto generale, che consiste nell’affidare allo Spirito il compito d’imporre una battuta o una scansione metrica comune a queste durate vitali. Dato che non possiamo più ricorrere a questa soluzione omogenea, bisogna produrre un’articolazione dall’interno fra tali ritmi o durate. Si dà il caso, per esempio, che i biologi, quando studiano i ritmi vitali di periodi di 24 ore, rinuncino ad articolarli su una battuta comune, anche complessa, o una sequenza di processo, ma invochino ciò che chiamano una “popolazione di oscillatori molecolari”, di molecole oscillanti, abbinate a coppie, la quale assicura la comunicazione dei ritmi o la transritmicità. Ora, non è per niente una metafora parlare in musica di molecole sonore, abbinate a copie di razze o di gruppi, d’accordo, le quali assicurano tale comunicazione interna delle durate eterogenee. Tutto un divenire molecolare della musica, che non è solamente legato alla musica elettronica, diventa possibile, benché uno stesso tipo di elementi attraversi sistemi eterogenei. Questa scoperta delle molecole sonore, al posto delle note e delle tonalità pure, è importantissima in musica e avviene in modo chiarissimo secondo tale o tale comportamento. Ad esempio i ritmi non retrogradabili di Messiaen. Insomma, un tempo non pulsato è un tempo fatto di durate eterogenee, i cui rapporti si fondano su una popolazione molecolare, e non più su una forma metrica unificante.

E poi ci sarebbe un secondo aspetto di questo tempo non pulsato, che riguarda questa volta il rapporto del tempo e dell’individuazione. Generalmente un’individuazione si fa in funzione di due coordinate, quella di una forma e quella di un soggetto. L’individuazione classica è quella, di qualcuno o di qualcosa, in quanto di dotati di una forma. Ma conosciamo tutti e viviamo tutti in altri tipi d’individuazione in cui non ci sono più né forma né soggetto : è l’individazione di un paesaggio, oppure una giornata, oppure un momento della giornata, oppure un evento. Mezzogiorno-mezzanotte, mezzanotte l’ora del crimine, terribili quelle cinque della sera, il vento, il mare, le energie... sono individuazioni di questo tipo. Ora, è evidente che l’individuazione musicale, per esempio l’individuazione di una frase, è molto più di questo secondo tipo che del primo. L’individuazione in musica solleverebbe problemi complessi quanto quelli del tempo e in relazione con il tempo. Ma, appunto, queste individuazioni paradossali, che non si fanno né con la specificazione della forma né con l’assegnazione di un soggetto, sono esse stesse ambigue perché riconducibili a due livelli d’ascolto o di comprensione. C’è un certo ascolto di chi viene commosso da una musica, che consiste nel fare associazioni : ad esempio facciamo comme Swann, associamo la frasetta di Vinteuil al Bois de Boulogne ; oppure associamo gruppi di suoni a gruppi di colori, a costo di fare intervenire fenomeni di sinestesia ; o ancora, associamo un motivo a un personaggio, come in un primo ascolto di Wagner. E sarebbe sbagliato dire che questo livello d’ascolto è grottesco : ne abbiamo tutti bisogno, compreso Swann, compreso Vinteuil, il compositore. Ma a un livello più sottile, non è più il suono che rinvia a un paesaggio, ma la musica sviluppa un paesaggio sonoro che per lui è interno : è Liszt che ha imposto quest’idea del paesaggio sonoro, con un’ambiguità tale che non si sa più se il suono rinvia a un paesaggio associato o se, invece, un paesaggio è tanto interiorizzato nel suono da esistere soltanto in esso.

Si potrebbe dire la stessa cosa per un’altra nozione, quella del colore : si potrebbe considerare la relazione suono-colore come un semplice accostamento, o una sinestesia, ma si può anche considerare che le durate o i ritmi sono di per sé dei colori, colori propriamente sonori, che si sovrappongono ai colori visibili, e non hanno gli stessi criteri né gli stessi passaggi dei colori visibili. E si potrebbe dire la stessa cosa per una terza ancora, quella di personaggio : certi motivi, nell’opera, possono essere considerati in relazione a un personaggio ; ma Boulez ha dimostrato come i motivi, in Wagner, non sono associati soltanto a un personaggio esterno, ma si trasformano, hanno una vita autonoma in un tempo sospeso, non pulsato, dove essi stessi divengono personaggi interni. Queste tre nozioni molto diverse di paesaggio sonoro, colori udibili, personaggi ritmici, sono per noi esempi d’individuazione e di processo d’individuazione, che appartengono a un tempo sospeso, fatto di durate eterocrone, e di oscilliazioni molecolari.

Infine, ci sarebbe un terzo carattere. Il tempo non pulsato non è soltanto un tempo liberato dalla battuta, cioè una durata, e nemmeno soltanto un nuovo procedimento d’individuazione, liberato dal tema e dal soggetto, ma è finalmente la nascita di un materiale liberato dalla forma. In un certo modo, la musica classica europea potrebbe definirsi nel rapporto tra un materiale uditivo grezzo e una forma sonora che selezionava, prelevava da questo materiale. Questo implicava una certa gerarchia materia-vita-spirito, che andava dal più semplice al più complesso, e garantiva il predominio di una cadenza metrica come l’omogeneizzazione delle durate in una certa equivalenza delle parti dello spazio sonoro. Ciò a cui assistiamo, al contrario, nella musica attuale, è alla nascita di un materiale sonoro che non è assolutamente più una materia semplice o indifferenziata, ma un materiale molto elaborato, molto complesso ; e questo materiale non sarà più subordinato a una forma sonora, poiché non ne avrà bisogno : avrà il compito, da parte sua, di rendere sonore o udibili delle forze che, di per sé, non lo sono, e anche le differenze fra queste forze. Alla coppia materiale grezzo-forme sonore, si sostituisce un nuovo abbinamento materiale sonoro elaborato-forze impercettibili che il materiale renderà udibili, percepibili. Uno dei primi casi più notevoli si trova forse nel dialogo tra il vento e il mare di Debussy. Nel ciclo proposto da Boulez, sarebbe la composizione II, Modes de valeurs et d’intensité, e la composizione IV, Éclat.

Un materiale sonoro molto complesso ha il compito di rendere apprezzabili e percepibili delle forze di un’altra natura, durata, tempo, intensità, silenzi, che di per sé non sono sonore. Il suono è solamente un modo per catturare qualcos’altro ; la musica non ha più il suono come unità. Non si può fissare una frattura, a questo proposito, fra musica classica e musica moderna, e tanto meno con la musica atonale o seriale : un musicista può trasformare tutto in materiale, e anche la musica classica, attraverso la coppia materia-forma sonora complessa, faceva passare il gioco di un’altra coppia, materiale sonoro elaborato-forza non sonora. Non c’è frattura, ma piuttosto un ribollire di forze : quando, alla fine dell’Ottocento, sono stati fatti dei tentativi di cromatismo generalizzato, di cromatismo liberato dal temperamento (…), la musica ha reso sempre più udibile ciò che si muoveva in lei da sempre, delle forze non sonore come il Tempo, l’organizzazione del tempo, le intensità silenziose, i ritmi di ogni natura. Ed è qui che i non musicisti possono, malgrado la loro incompetenza, incontrarsi più facilmente con i musicisti. La musica non è solo una questione tra musicisti, nella misura in cui rende sonore delle forze che non lo sono, e possono essere più o meno rivoluzionarie, più o meno conformiste, ad esempio, l’organizzazione del tempo. In tutti i campi, si è arrivati a credere a una gerarchia che procede dal semplice verso il complesso, secondo una scala materia-vita-spirito. É possibile, al contrario, che la materia sia più complessa della vita e che la vita sia una semplificazione della materia. É possibile che i ritmi e le durate vitali non siano organizzati e misurati da una forma spirituale, ma ricevano la loro articolazione dall’interno, da processi molecolari che li attraversano. Anche in filosofia abbiamo abbandonato l’abbinamento tradizionale tra una materia pensabile indifferenziata e delle forme di pensiero, del tipo categorie o grandi concetti. Cerchiamo di lavorare con dei materiali di pensiero molto elaborati, per rendere pensabili delle forze che non sono pensabili di per sè. Succede la stessa cosa per la musica, quando essa elabora un materiale sonoro per rendere udibili delle forze che, di per sè, non lo sono. In musica, non si tratta più di un orecchio assoluto, ma di un orecchio impossibile che può coinvolgere qualcuno, sopraggiungere brevemente presso qualcuno. In filosofia, non si tratta più di un pensiero assoluto, cosa che volle incarnare la filosofia classica, ma di un pensiero impossibile, cioè dell’elaborazione di un materiale che rende pensabili delle forze che, di per sè, non lo sono.

traduction italienne : Sabine Clément
[Université de Paris-Sorbonne, Atelier “traduction et arts du spectacle”]